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CAPITOLO I

Progresso tecnico ed occupazione: sintesi dei contributi teorici

1.2 La compensazione nella flessibilità dei prezzi e dei salari: i neoclassici

La teoria della compensazione, formulata dai neoclassici, poggia su alcuni assunti fondamentali che, principalmente, fanno perno sulla legge degli sbocchi di Say: in particolare, viene postulata la flessibilità dei prezzi e dei salari, quale meccanismo di aggiustamento in grado di riassorbire la disoccupazione inizialmente creata dall'introduzione delle macchine.
Altre importanti ipotesi poste alla base del ragionamento neoclassico sono quelle della concorrenza perfetta di tutti i mercati e la tendenza di questi a realizzare sempre l'equilibrio, a meno dell'esistenza di "attriti".
Inoltre, si ipotizza la perfetta sostituibilità tra i fattori della produzione.
Charles Babbage¹ va sicuramente annoverato tra i sostenitori della compensazione. Il suo trattato Sull'economia delle macchine e della produzione (1832) è l'apoteosi dell'applicazione del sistema scientifico alla vita economica. Conosceva approfonditamente molti processi industriali ed affrontò con originalità il tema dello spiazzamento della manodopera a causa della meccanizzazione: per lui, inserire macchinari era, infatti, soltanto un modo incompleto per aumentare la produttività del lavoro.
La prima edizione della sua opera ebbe un tale successo che dopo pochi mesi ne uscì una seconda, nella quale aggiunse un capitolo Sull'effetto delle macchine nella riduzione della domanda di lavoro.
All'inizio di questo capitolo, egli dà piena fiducia alla teoria della compensazione sostenendo: "Nei paesi dove le occupazioni sono divise e la divisione del lavoro è attuata, l'ultima conseguenza dei miglioramenti delle macchine è quasi invariabilmente causa di una maggiore domanda di lavoro" (Babbage, 1835, pag. 335).
Secondo lui, tale effetto positivo derivava dall'aumento della domanda legato alla riduzione dei prezzi.
Fu un antesignano del profit-sharing e della partecipazione della manodopera alle decisioni riguardanti la produzione per scongiurare il pericolo della disoccupazione.

Knut Wicksell, grande economista svedese, anch'egli fautore della teoria della compensazione, sostenne che fossero i salari (e non i prezzi) a metterla in moto. Egli si basò sulla legge della produttività marginale dei fattori produttivi² .
A causa dell'espulsione di lavoratori per l'attuazione di innovazioni tecniche, l'offerta di lavoro aumenta rispetto alla domanda: ne consegue una diminuzione dei salari. Tale variazione della remunerazione del lavoro rispetto a quella del capitale, stimola la domanda di lavoro, la cui utilizzazione è ora più conveniente proprio nelle produzioni che ancora impiegano metodi produttivi meno innovativi: la disoccupazione generata dal cambiamento tecnologico è per una certa parte riassorbita dalle assunzioni di lavoratori a salario ridotto.
Inoltre, l'abbassamento dei prezzi porta ad un ulteriore ampliamento, prima, della domanda globale, poi, della produzione ed, infine, dell'occupazione.
Ove però vi fosse un'eventuale rigidità dei salari verso il basso, a causa di politiche sindacali o legislative o del rifiuto di singoli individui a lavorare per un salario ritenuto inadeguato, allora si genererebbe disoccupazione, che pertanto non può essere attribuita di per sé al progresso tecnologico.

 


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